CERCANDO IL BOSCO CHE È IN ME

Il silenzio. Gli alberi. Il tempo. L’immaginazione, il respiro. Le radici: quelle concrete e quelle spirituali. Sedendo e mirando, un poeta ci accompagna all’interno del suo laboratorio creativo. E racconta come (da quali “semi”) è nato il suo ultimo libro. 

Sono trascorse diverse stagioni da quando, ai piedi delle sequoie in California, iniziai a indagare il tempo per disegnare nuove radici; radici talora ideali, ipotetiche, fantastiche, schizzate nella percezione dei sensi, talora invece radici d’inchiostro, sulla pagina, oppure radici concrete, abitabili, in singoli punti materici del mondo sensibile, naturale. È stato ai piedi delle sequoie di un parco a Big Sur, località sulla costa oceanica, che ho iniziato a percepire l’estinzione della “famiglia”, la famiglia naturale di cui ero l’ultimo tassello. Ed è stato in un mattino primaverile che ha iniziato a spalancarsi dinnanzi a me una famiglia più ampia e silenziosa, rocciosa, legnosa, vasta come le foreste del pianeta.

Lì nacque la sconfortante e al contempo inebriante idea dell’Uomo radice, o Homo radix, un individuo che attraversa il paesaggio e crea connessioni coi grandi alberi. Trame che possono essere emotive, storico e botaniche e dunque culturali, estetiche. Dapprima sono quindi diventato un cercatore d’alberi, un documentarista e un turista arboreo, con la fissa di certificare, descrivere, fotografare e misurare. Poi è nato dell’altro e ai piedi di questi giganti che incapsulano il tempo ho iniziato a meditare, e allora si è aperta una breccia in un mondo altro, in un tempo altro, ho accarezzato nuovamente lo spirito, che il dolore e lo spaesamento avevano rimosso, nascosto, “scancellato”, passando per le voci sussurrate di San Francesco, delle mistiche e dei mistici di ogni epoca, e arrivando al taoismo e buddismo zen, a questi piccoli uomini che abbandonano tutto e si mettono a camminare lungo i sentieri del mondo, si rannicchiano in meditazione in piccoli templi ed eremi, con modestia, senza quasi nulla, magari facendo della montagna e della natura elementare la propria storia senza capo ne coda. Ho scoperto dentro di me il silenzio, la radice primordiale che unisce tutte le forme di esistenza, ho ritrovato un bosco itinerante, che mi cammina dentro, che nasce e rinasce in me, che si forgia e mi forgia, in questo costante travaso fra realtà e percezione, fra immaginazione e suggestione, fra bosco reale, concreto, e bosco intimo. Non a caso la mia nuova raccolta di poesie e dendrosofie in prosa, Sogni di un disegnatore di fiori, si apre con una poesia che s’intitola Bosco itinerante, Silva itinerans.

Sogni di un disegnatore di fiori di ciliegio nasce almeno sei anni fa. Al tempo stavo scrivendo il mio primo “romanzo”, uscito poi per Mondadori (Ogni albero è un poeta). Intrecciando fantasia e natura mi venne da accompagnare la storia con una silloge di poesie, il titolo nasceva proprio da questa fusione. Le poesie nacquero nel tentativo di creare visivamente una scrittura che cogliesse lo spirito dell’esistenza di semi potenzialmente diversi quali il seme di Dio, il seme dell’odio, il seme o i semi dell’amore, il seme del pentimento e così via.

Sbocciò Musica per le foreste, che non era soltanto poesia, e non era soltanto immaginazione. Era un tentativo di attribuire alla versificazione una dimensione visuale, a forma appunto di seme o di foglia. Ero rimasto colpito, da ragazzo, dalle letture delle celebri poesie a rombo di Dylan Thomas, e anche dal progetto delle poesie a forma di rosa di Pasolini.
Le poesie vennero pubblicate sul sito di Mondadori come appendice al romanzo, diverse di queste vennero tradotte in altre lingue e pubblicate per alcuni festival da Versopolis, la rete europea che unisce i maggiori festival di poesia del continente. Ma la volontà di continuare su quella strada era molto forte e così impegnai un anno, il 2018, a rivedere buona parte della mia precedente poesia in questa nuova forma. Infatti, nonostante la mia prima scrittura sia stata e resti la poesia, nel mercato editoriale e sui quotidiani mi sono “cucito un nome” grazie alla prosa, ai viaggi fra i grandi alberi del mondo e d’Italia, e la poesia è scivolata in penombra. L’antologia Poesie creaturali, edita a inizio 2019 per le edizioni della Libreria della Natura di Milano, nasceva dal desiderio di presentare al pubblico anche questo versante del mio percorso. In verità l’avevo partorito come congedo al mondo della poesia, nell’alveo del quale non mi vergogno di ammettere di aver incontrato molti ostacoli e difficoltà, tutte umani, non creativi. Ma al contrario delle mie aspettative l’opera è stata ben accolta, l’editore l’ha mandato in ristampa più di una volta e ho capito che questo non era un termine, un confine, bensì il principio di un nuovo sentiero.

L’incontro con Antonio Riccardi di Aboca Edizioni e la sua apertura nei confronti della mia scrittura, del mio percorso di homo radix, dendrosofo, cercatore di alberi secolari, inizialmente prevedeva una possibile sintesi in un romanzo per la collana Il bosco degli scrittori. Ma nel frattempo la voce di questa poesia al contempo musicale e visiva è ritornata con forza a imporsi e ne è nato un ampio nucleo di componimenti, intrecciati ad una decina di appunti in prosa, dedicati al meditare nei boschi, al cambiamento climatico, alle mie visioni arboree. Dopo un lungo e travagliato dialogo è sbocciato il titolo, che inizialmente avrebbe potuto essere Musica per le foreste, quindi Con occhi di selva e Agreste. Ora Agreste è il titolo di uno dei due romanzi che nel frattempo ho lavorato e lavorato, Con occhi di selva è migrato a capo di un componimento, e le poesie hanno trovato un loro ordine, un loro “samadhi” (armonia), come direbbero i miei compagni nel Dharma (la via di pratica del buddista). Questo è anche il primo libro che saluto da neo-buddista e il titolo non potrebbe infatti risuonare più giapponese di questo. Ulteriore riprova che nulla accade per caso.

Le poesie si sono innestate in una serie di “case” o aree tematiche. Si tratta di un’architettura che avevo già sperimentato in Poesie creaturali. La sezione d’apertura s’intitola Primi boschi del mio sangue quotidiano ed ospita alcune poesie-manifesto, già da un anno in qua le sto leggendo in festival e manifestazioni e alcune si presentano cariche di significato: è il caso de Bosco itinerante, Adorazione dell’istante, Il silenzio circonda gli innamorati, Parsimonia e L’antica arte di chi sa ascoltare. Una sezione a cui mi sento molto legato s’intitola Gli alberi intorno ad Auschwitz, forse la più impegnativa perché ho cercato di suggerire l’immane tragedia che è capitata nei campi di sterminio, nel ricordo “impossibile” a settant’anni di distanza, partendo però dal punto di vista ovviamente del tutto ipotetico degli alberi che circondavano quel luogo dell’orrore. Una terza sezione portante è Il giardino delle rose inglesi, quasi una novella in versi, una storia raccontata per frammenti, a quadri, nel solco di una scrittura che avevo provato molti anni addietro componendo una storia d’amore, Una stanza a Gerusalemme; in quella l’amore era evidente, sfacciato, qui invece l’amore è latente, nascosto, tenuto celato e con vergogna poiché si tratta dell’amore indicibile fra un fratello e una sorella. Il comandamento delle parole è una crocchia di poesie dedicate alla vita di campagna, tutt’altro che pacifica, insomma il David Lynch di Twin Peaks non ha inventato (quasi) nulla. Per finire segnalo Appunti dal ruscello che ospita dieci poesie meditative, nate, manipolate a partire dall’atto stesso del meditare, spesso nei boschi, come amo, talora nel mio orto o nel mio studio, soprattutto nei mesi del lockdown. Auguro ai lettori dunque una buona lettura.

Tiziano Fratus è un poeta, scrittore e dendrosofo. Ha pubblicato per i maggiori editori italiani e la sua poesia è tradotta in dieci lingue. Sito: Studiohomoradix.com

Dendrosofia: s. f. [dal gr. δένδρον (déndron), «albero» e σοφία (sophìa), «sapienza, conoscenza, amore»]. – La dendrosofia è una branca del sapere che unisce le diverse tipologie di conoscenza riguardanti la storia, la biologia, la botanica, gli studi forestali, l’antropologia, la letteratura ecc. relative agli alberi e ai boschi. 2 – Pratica della meditazione che prevede l’immersione in un ambiente naturale, quali riserve, paesaggi montani o foreste vetuste, deserti, per coltivare la pace interiore. 3 – Colui che pratica la d. è detto dendrosofo, da σοφός (sophòs), «saggio».

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