di Johann G. Zaller
Anche se vi credete esclusi, siete comunque coinvolti: l’uso dei diserbanti, non soltanto in agricoltura, riguarda davvero tutti. Nel “miglior libro sui pesticidi”, dell’ecologo austriaco Zaller, ecco dati, informazioni e proposte. Per un dibattito non inquinato.
Perché scrivere un libro sui pesticidi? Se si dà credito ai sostenitori dell’agricoltura convenzionale, basata sull’impiego dei pesticidi, si tratta delle sostanze meglio studiate al mondo, che distruggono in modo mirato gli organismi nocivi e che, in ogni caso, vengono poi ridotte in natura a sostanze innocue. Tuttavia, se si dovessero rinvenirne tracce negli alimenti, ciò è dovuto in prima istanza a metodi di analisi eccessivamente raffinati. In ogni caso, le quantità di residui sono sempre inferiori ai valori limite stabiliti per legge.
Inoltre tutti conoscono il principio secondo il quale soltanto la dose fa il veleno e che si può morire addirittura per un eccessivo consumo di acqua! E ancora, chi si esprime contro l’impiego di pesticidi è considerato un ambientalista sognatore, che nega la realtà della moderna produzione alimentare e che perciò rischia di far morire di fame milioni di persone. Così potrebbe essere tratteggiata, a grandi linee, la discussione pubblica sull’argomento.
Questo libro vuole fare luce in modo scientifico su questa e altre tesi riguardanti i pesticidi e verificarne la veridicità. Poiché, in tempi post-fattuali, la verità è più importante che mai.
Il tema vi interessa soltanto in misura marginale, poiché non siete agricoltori, non possedete un giardino e non maneggiate mai pesticidi? Benissimo, forse adesso vi gusterete una pizza surgelata con le verdure, ci berrete sopra un bicchiere di vino o un succo di mela e come dessert forse mangerete una mela. Soltanto per la produzione del grano per la pasta della pizza, per la produzione di pomodori, mais, peperoni, sale, verdure, insalata, per la produzione di vino e di mele, in Austria e in Germania sono consentiti 1.200 pesticidi! Certo, non vengono utilizzati contemporaneamente, ma, in teoria, sono tutti a disposizione. E non parliamo delle sostanze chimiche che possono essere utilizzate nella produzione, per la conservazione, lo stoccaggio, il miglioramento del gusto, la vinificazione, eccetera. Forse questo esempio vi ha convinto che molto probabilmente anche voi siete interessati dai pesticidi, che lo vogliate o no.
Ammettiamolo, sono stato un po’ ingenuo quando, alcuni anni fa, ho iniziato ad analizzare gli effetti collaterali dei pesticidi sugli ecosistemi. In precedenza, come ecologo, mi ero occupato, per quasi quindici anni, degli impatti di differenti fattori ambientali e climatici su piante e animali. Gli ecologi si dedicano preferibilmente a ecosistemi il più possibile vicini alla natura, poiché in essi è presente una grande varietà di specie molto interessanti e rare. Gli agroecosistemi o altri ecosistemi fortemente segnati dall’agire umano spesso vengono trattati in modo un po’ sprezzante dagli ecologi. Mi sono incuriosito al tema, non da ultimo, per il grande interesse mediatico.
Un primo approccio alla letteratura scientifica è stato proprio sconvolgente, poiché incredibilmente c’erano tantissime cose che non erano state approfondite. Come la maggior parte delle persone anch’io presupponevo che i pesticidi impiegati quotidianamente fossero ovviamente testati nel modo più rigoroso prima di essere diffusi nell’ambiente per debellare organismi nocivi ed erbe infestanti. Inoltre, così ritenevo, i pesticidi vengono sicuramente utilizzati solo in caso di necessità, nell’eventualità che il raccolto debba essere salvato da organismi nocivi. Già dopo una breve immersione nella materia iniziai a sospettare che molte di queste frasi fatte, diffuse dai media, non fossero che dei miti, sostenuti dai produttori di pesticidi e anche dai rappresentanti degli agricoltori. Questa illuminazione e quello che ho poi constatato lavorando con il gruppo di ricerca dell’Università delle Risorse naturali e delle scienze della vita di Vienna mi ha spinto a scrivere questo libro. Molto di quanto si trova in questo testo è pubblicato in articoli scientifici, ma chi, al di fuori dei colleghi, legge questi lavori?
A chi è già noto che: i valori limite fissati per legge per l’inquinamento da pesticidi negli ultimi anni sono stati costantemente corretti verso l’alto? Che oggi tutti abbiamo tracce di pesticidi nel nostro corpo, anche se non li abbiamo mai manipolati? La citazione di Paracelso, spesso utilizzata a sproposito, secondo la quale la dose fa il veleno, non ha più alcuna validità per i moderni pesticidi? Che fino al 25% dei pesticidi presenti sul mercato sono contraffazioni di altri prodotti? Che un gruppo agrochimico tedesco paga i danni ai viticoltori dell’Alto Adige perché il trattamento con un prodotto consigliato per la protezione delle piante ha causato una perdita totale del raccolto? Che il morbo di Parkinson tra i viticoltori francesi è stato riconosciuto come malattia professionale? Che le discariche di rifiuti dove vengono smaltiti i pesticidi obsoleti, presenti in tutto il mondo, sono bombe a orologeria in caso di catastrofi naturali? Che gli scienziati che affrontano in modo critico questa tematica vengono denunciati nei forum online allo scopo di pregiudicarne l’integrità?
Nessuno può affermare con serietà che le oltre 100.000 sostanze chimiche in circolazione influenzano la nostra salute e la natura, poiché gli effetti collaterali non sono stati indagati in modo soddisfacente. Il principio di precauzione sancito dai trattati europei viene attualmente ignorato ancor prima che venga concluso, dopo accesi dibattiti, un qualsivoglia accordo di libero scambio.
In questo libro viene dapprima delineata la problematica e descritto dove e in quale quantità vengono impiegati i pesticidi. Segue una panoramica dell’attuale ricerca scientifica sugli effetti collaterali. Viene inoltre affrontata la questione della diffusione dei risultati scientifici, nonché quella della serietà di Wikipedia, l’enciclopedia online cara a tutti.
Se adesso vi domandate come, senza la moderna agricoltura di cui fanno parte anche i pesticidi, si possa nutrire la popolazione mondiale in aumento, allora siete già chiaramente saliti sulla macchina del marketing delle lobby agrarie! Nell’ultimo capitolo viene dimostrato che l’agricoltura che fa un uso intensivo di pesticidi è in realtà un affare in perdita, con enormi costi per le economie nazionali. Il presunto beneficio che ne deriva non compensa assolutamente tali perdite. Per fortuna esistono molti modi alternativi che non prevedono un eccessivo ricorso ai pesticidi. Nel frattempo gli stessi rappresentanti dell’agricoltura hanno ammesso che probabilmente si potrebbe risparmiare la metà dei pesticidi senza far crollare i rendimenti. La conclusione riassume gli aspetti che devono essere urgentemente modificati e quali azioni la politica deve intraprendere a tale scopo.
I capitoli non devono necessariamente essere letti uno dopo l’altro: dovrebbero fornire una buona visione anche se letti in modo asistematico.
Quanto sostenuto nel testo è confermato da studi scientifici le cui fonti sono indicate in modo da essere facilmente reperite in internet. Ho potuto includere soltanto una piccola parte degli studi disponibili, altrimenti il testo sarebbe diventato troppo voluminoso. Le informazioni aggiuntive derivano da numerosi colloqui con esperti e professionisti nazionali e internazionali.
La buona prassi scientifica si contraddistingue inoltre per il fatto che gli studi sono valutati da altri scienziati (perlopiù in forma anonima) e poi pubblicati su riviste internazionali. In molte riviste contemporanee gli studi, i dati che ne stanno alla base e le relazioni dei revisori sono ormai accessibili. Che gli studi sull’approvazione dei pesticidi vengano tenuti segreti dai produttori o dalle autorità responsabili delle autorizzazioni, come spesso accade, è scientificamente immorale e lascia spazio al sospetto che siano stati rimaneggiati. L’esigenza della segretezza viene giustificata da produttori e autorità con il richiamo alla garanzia del segreto industriale. I lettori che finora non si sono occupati di questa tematica troveranno semplicemente incredibili gli aspetti illustrati in questo libro. La situazione è, se possibile, ancora più grave di quanto fino ad ora sia noto all’opinione pubblica.
Con questa pubblicazione, e con la mia attività di insegnamento e ricerca presso la cosiddetta “verde” Università di Risorse naturali e scienze della vita di Vienna, non intendo certo denunciare in blocco un settore così vitale per la società come quello agricolo. Il mio scopo è piuttosto quello di sensibilizzare l’opinione pubblica su questa problematica e chiarire anche alla politica che c’è una grande necessità di agire per il bene del nostro ambiente e della nostra salute.
Devono inoltre essere presi considerazione, in questo contesto, anche i meccanismi e gli interessi che inducono a consigliare agli agricoltori un impiego eccessivo di pesticidi.
Ancora un chiarimento terminologico: quando parlo di pesticidi intendo le sostanze indicate perlopiù come “prodotti fitosanitari” che sono utilizzati in agricoltura, dai cantonieri, dai comuni, dalle imprese ferroviarie e dai privati in giardino o in casa. Personalmente rifiuto il concetto di “fitosanitario” perché è un eufemismo ingannevole. Fanno infatti parte dei fitosanitari anche i diserbanti, sostanze che uccidono le piante: francamente una definizione assurda.
In questo libro non si analizzeranno i biocidi, impiegati soprattutto in ambito non agricolo come mezzi di disinfezione o salvaguardia del legno; sarebbe materiale per un ulteriore libro.
Già in questa premessa ho utilizzato spesso i termini “organismi nocivi” o “piante infestanti”. Entrambe sono parole tabù o, ricorrendo alla definizione di un ecologo, sono “non parole”. In realtà in un ecosistema non ci sono organismi non desiderati, poiché ogni specie svolge un ruolo specifico nell’intera struttura. Se un organismo diventa un organismo nocivo è solo perché è presente una certa quantità di esemplari. Singole dorifere, singoli cardi svolgono importanti funzioni negli ecosistemi; soltanto quando compaiono in massa sono problematici e devono essere debellati.
Poiché questi termini, che definiscono piante e animali presenti in grandi quantità nel luogo sbagliato, sono ampiamente diffusi nel linguaggio comune, vi farò ampio ricorso.