di Michele Serra
Siamo natura anche noi, e ce ne eravamo dimenticati. Siamo connessi a tutti gli esseri viventi, e ci eravamo dimenticati anche di questo. Il virus ci ha riportati a terra. Ci rialzeremo in piedi con l’orgoglio della scienza e con l’umiltà di una nuova coscienza. Ogni colpo che diamo al pianeta, per avidità e per imprevidenza, avrà un contraccolpo. E ogni attenzione che dedichiamo al pianeta, l’avremo dedicata a noi stessi.
La connessione stretta tra gli esseri viventi. Ecco che cosa avevamo dimenticato, ecco che cosa la pandemia ci ha ricordato, così brutalmente da lasciarci increduli. L’artificio della tecnologia (artificio prezioso) ci aveva indotto a credere che anche le nostre vite potessero considerarsi artificiosamente “altro” rispetto alla natura. E invece noi dipendiamo dalla natura, noi siamo natura, nel bene e nel male, nella vita e nella morte.
Scienza e tecnologia, per quanto preziose, per quanto evolute, non possono negare o contraddire la nostra appartenenza al sistema vivente che ci contiene. Possono capirlo meglio, studiarlo di più, cercare di replicarne gli effetti virtuosi e limitarne i colpi dolorosi. Ma l’illusione di costituire, in quanto “umanità”, un mondo a parte, una specie di strato superiore della piramide vivente, è appunto un’illusione. Il virus ci ha riportati a terra. Ci ha atterrati.
Ci si rialza in piedi con l’orgoglio della scienza, certo. Ma anche – speriamo – con l’umiltà della coscienza, una nuova coscienza che ci permetta uno sguardo più vasto, più generale. “Olistico”, dice il pensiero ambientalista: significa che dobbiamo diventare molto più sensibili alle correlazioni tra le cose che vivono. Queste correlazioni non sono per nulla “astratte”o metafisiche. Sono fisiche. Sono materia. Sono biochimica. Sono medicina. Sono guerra per la sopravvivenza ma anche simbiosi tra le specie, equilibrio del sistema vivente, evoluzione, armonia.
L’alterazione di questo equilibrio non rimane senza conseguenze, e anzi può avere contraccolpi tremendi. Ogni colpo che diamo al pianeta, per avidità e per imprevidenza, avrà un contraccolpo. E ogni attenzione che dedichiamo al pianeta, l’avremo dedicata a noi stessi. Questo mi piacerebbe che avessimo capito, quando il virus sarà tornato a dormire nei suoi misteriosi rifugi naturali, dentro a una giungla o in fondo a una palude.
I virologi – l’ho scoperto in questi giorni – sono viaggiatori. Nelle giungle e nelle paludi, dovunque la vita brulichi, cercano la chiave del mistero chiamato “zoonosi”, trasmissione di un virus dall’animale-serbatoio all’uomo, spesso attraverso un animale-amplificatore. Non sondano solamente il corpo umano, i virologi. Sondano il pianeta intero, perché è nel pianeta intero che si trova la risposta.
(Per Aboca Edizioni Michele Serra ha pubblicato Sull’acqua).