Pannelli solari, turbine eoliche, veicoli elettrici. Scegliere tecnologie ecocompatibili significa anche conoscere le conseguenze della loro fabbricazione (e del loro smaltimento). A quali compromessi obbliga l’estrazione di alluminio, litio, cobalto, nichel, manganese… ? E come rendere sostenibile – il più possibile sostenibile – la transizione ecologica?
Se vogliamo mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5 o addirittura 2 °C, dobbiamo mettere in atto un cambiamento radicale nel funzionamento dei nostri sistemi energetici e di trasporto. L’Agenzia Internazionale per l’Energia ha dichiarato che nei prossimi trent’anni dovranno essere realizzati e distribuiti in tutto il mondo milioni di pannelli solari, turbine eoliche e veicoli elettrici (EV). Fortunatamente, queste tecnologie sono in costante miglioramento, oltre ad essere sempre più economiche.
Tuttavia, una caratteristica delle tecnologie eco-compatibili è che molto spesso richiedono un uso più abbondante e più vario di materiali rispetto a quelli richiesti dalla tecnologia che si vuole andare a sostituire. Le turbine eoliche, ad esempio, hanno bisogno di ferro e zinco per l’acciaio inossidabile e per i motori che ricavano l’energia dal vento. I veicoli elettrici hanno bisogno di litio, cobalto, nichel e manganese per le batterie, oltre a neodimio e altre terre rare per i motori.
La fabbricazione di molti di questi dispositivi richiederà quindi ingenti quantità di materiali specifici, molti dei quali sono difficili da estrarre. Alcuni possono essere ricavati dal riciclaggio, ma per molti minerali, come il litio, la quantità oggi in uso non è sufficiente da poter essere riciclata per usi successivi. Per questo, la maggior parte di essi dovrà provenire dall’estrazione mineraria.
Tutto ciò significa che, se vogliamo utilizzare in tutto il mondo la tecnologia a basse emissioni di carbonio, dobbiamo affrontare anche le conseguenze o i compromessi meno appetibili necessari per la sua fabbricazione. Il passaggio globale ai veicoli elettrici, ad esempio, può comportare danni agli ecosistemi forestali per accedere al litio o al cobalto.
Un rilevante compromesso è il danno ambientale provocato dall’estrazione e raffinazione di alcuni materiali, come ad esempio l’alluminio, fondamentale per la realizzazione di telai di pannelli solari. La produzione mondiale di alluminio rappresenta il 2% di tutte le emissioni di gas serra, con studi che stimano che entro il 2050 si potrebbero raggiungere 1,7 gigatonnellate di CO₂ – equivalenti al doppio delle emissioni annue degli aerei.
Tuttavia, ridurre in modo significativo queste emissioni è possibile. Ricavare l’elettricità necessaria per la lavorazione dell’alluminio dall’idroelettrico e non più dai combustibili fossili può ridurre di circa il 75% le emissioni per l’alluminio di nuova produzione. Per far sì che ciò accada, tuttavia, sono necessari migliori incentivi finanziari affinché il settore minerario faccia uso di energia rinnovabile.
Le difficoltà nell’approvvigionamento di questi materiali non si limitano alle emissioni che creano. L’estrazione del litio dalla salamoia (acqua ad elevata concentrazione di sale) – come avviene in Argentina, Bolivia e Cile – richiede la perforazione delle saline per portare quest’ultima in superficie, lasciando poi evaporare l’acqua mediante la luce solare per far depositare i sali di potassio, manganese, borace e litio.
Vi è un dibattito sulla misura in cui questa salamoia possa essere qualificata come “acqua”, e quindi quanto la sua estrazione stia pregiudicando le regioni soggette a stress idrico come il Cile. Secondo chi sostiene che la salamoia va considerata come acqua, la sua estrazione sta creando una scarsità idrica inutile e sta danneggiando ecosistemi fragili. Anche dal punto di vista di coloro che sostengono che questa non sia classificabile come “acqua” a causa della sua elevata concentrazione di minerali, le conseguenze a lungo termine della sua estrazione restano sconosciute.
Il cobalto, un altro materiale imprescindibile da usare nelle batterie dei veicoli elettrici, viene estratto principalmente nella Repubblica Democratica del Congo. Una grande ma sconosciuta quantità di cobalto viene estratta da minatori su piccola scala che spesso impiegano bambini e sono stati accusati di offrire condizioni di lavoro precarie, scarsi livelli di sicurezza e contratti all’insegna dello sfruttamento.
Questi compromessi non sono una giustificazione per evitare azioni sul cambiamento climatico, né per rifiutarsi di costruire la tecnologia di cui abbiamo bisogno per decarbonizzare i sistemi essenziali. Tuttavia, spingono a prestare una maggiore attenzione al modo in cui vengono reperiti i materiali necessari per rendere la tecnologia più ecocompatibile.
Il miglioramento del riciclaggio dei vecchi prodotti e dei materiali di scarto è una parte fondamentale di questo processo. Tuttavia, il semplice aumento della domanda di questi materiali, dovuto all’attuale transizione verso basse emissioni di carbonio e alla crescente ricchezza dei consumatori in tutto il mondo, significa che questo da solo probabilmente non sarà sufficiente per evitare danni diffusi all’ecosistema.
Per contribuire a ridurre questa domanda, dobbiamo aumentare l’efficienza energetica delle nostre case e delle nostre aziende, in modo che richiedano innanzitutto meno energia. Anche l’abbandono del trasporto privato e gli investimenti nel trasporto pubblico contribuiranno a ridurre la domanda mineraria. Senza tale azione, sarà infatti impossibile realizzare una transizione a basse emissioni di carbonio realmente sostenibile.
Timothy Laing, economista, insegna all’università di Brighton. Qui la sua biografia completa.
Questo articolo è apparso su The Conversation, che ringraziamo.