VIRGILIO ECOLOGISTA

Da dove proviene la nostra idea di natura? 

Con l’antichista Nicola Gardini rileggiamo un’opera fondativa: le Bucoliche di Virgilio. Dieci canti d’argomento pastorale, dove l’idealizzazione non esclude lo sguardo scientifico. E dove nasce l’idea di un patto fra umanità e natura. 

Una visione ecologica che continua a valere come archetipo. E che dovremmo finalmente rifondare.

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Che cosa significa “natura” per gli antichi?

Qui vorrei portare brevemente l’attenzione su Virgilio e in particolare sulla sua opera più antica, le Bucoliche, dieci canti di contenuto pastorale, che celebrano l’amore, la pace, la poesia e, appunto, la natura.

Nella bucolica siamo in un vero e proprio paesaggio del sé: dove uomo e natura si convalidano a vicenda, costruendo un rapporto simbiotico. La bucolica è una geografia-casa, un ambiente-madre, un territorio-infanzia. Dell’infanzia ripete i rituali di appropriazione e di individuazione attraverso il rispecchiamento del sé nell’altro da sé e viceversa. Con l’infanzia, inoltre, ha in comune la scoperta del dire. La parola dei pastori-poeti “crea” il paesaggio. Loro abitano una propria invenzione; il paesaggio è linguaggio.

Con tutto questo il modello della bucolica è tutt’altro che omogeneo. Il sogno di corrispondenza e l’idealizzazione utopica non escludono una concezione scientifica (e storica) della natura. Una coppa che Menalca mette in palio, gareggiando con Dameta, rappresenta due celebri astronomi della storia: Conone e Archimede (Buc. 3, 40-42). Con geniale nonchalance Virgilio rinchiude così, nello spazio di una minuta ekphrasis, il modello di un’altra possibile via, quella della poesia astronomica, che altri percorsero prima di lui (Empedocle, Arato di Soli, Lucrezio, per citare i più rilevanti). A questa via cede lui stesso nella sesta bucolica, mettendo in bocca a Sileno niente meno che una cosmogonia. La poesia astronomica si riaffaccerà nelle Georgiche (2, 475-486) e perfino nell’Eneide (1, 742-746), dove Iopa, il poeta della corte cartaginese, canta le venture degli astri.
Evidentemente neppure adesso, mentre dà avvio al grandioso epos, Virgilio dimentica che una carriera da poeta scientifico sarebbe stata un’opzione tutt’altro che spregevole.

Poco sotto il riferimento a Conone e ad Archimede, in un’altra minuscola ekphrasis, pure questa incisa su una coppa, troviamo un’allusione a Orfeo. Stavolta, anziché due scienziati, viene citato un poeta. A suo modo anche Orfeo è uno scienziato: la forza del suo canto, infatti, è capace di intervenire direttamente sulla natura, di trascinarla perfino; la sua voce produce imperativi irresistibili cui le stesse forze vitali non sanno resistere. L’idea implicita è questa (destinata a lunga vita nella nostra tradizione): che la natura consta di energie senzienti e intelligenti; e non è fissa ed estranea, ma si realizza nell’interazione con l’uomo, perché vive della stessa vita cui partecipa l’uomo.

La bucolica, per varia che appaia nei suoi elementi culturali, rappresenta il sogno di una natura non nemica, di una natura “fatta per l’uomo”, in cui tutte le parti del vivente si sostengano a vicenda, in un continuo contraccambio affettivo. E rappresenta pure il sogno di un’umanità non vittima, di un’umanità “fatta per la natura”.
Virgilio contesta questi sogni nelle Georgiche e li abbandona per sempre nell’Eneide. Resta che le Bucoliche fondano una visione ecologica che non smette di valere da archetipo. La miticità della trasfigurazione non ci impedisce neppure oggi di riconoscere che i pastori virgiliani sono radicati in un contesto vivacemente civile e invocano con il loro esempio la necessità di ricreare o forse creare per la prima volta un patto tra umanità e natura. A noi il compito di stabilirlo finalmente, questo patto. Diamo una nuova occasione alla bucolica.

Nicola Gardini (1965) (1965) insegna Letteratura italiana e comparata all’Università di Oxford. Ha pubblicato saggi, alcune raccolte di poesia e traduzioni di classici come Ovidio, Marco Aurelio e Catullo. Tra i suoi libri: Così ti ricordi di me (Sironi 2003), Lo sconosciuto (Sironi 2007), Come è fatta una poesia? (Sironi 2007), I baroni. Come e perché sono fuggito dall’università italiana (Feltrinelli 2009), Rinascimento (Einaudi 2010), Per una biblioteca indispensabile. Cinquantadue classici della letteratura italiana (Einaudi 2011), Le parole perdute di Amelia Lynd (Feltrinelli 2014), La vita non vissuta (Feltrinelli 2015), Viva il latino. Storie e bellezze di una lingua inutile (Garzanti 2016), Con Ovidio. La felicità di leggere un classico (Garzanti 2017), Il tempo è mezza mela. Poesie per capire il mondo (Salani 2018), Le 10 parole latine che raccontano il nostro mondo (Garzanti 2018), Rinascere. Storie e maestri di un’idea italiana (Garzanti 2019) e Viva il greco (Garzanti 2021). Nicolas è uscito, sempre da Garzanti, nel maggio 2022. Il suo sito web è www.nicolagardini.com.

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