RASSEGNA STAMPA

a cura di Redazione Aboca Life Magazine

Come trasmettere al pubblico più vasto i dati, i fatti e gli scenari legati alla crisi climatica? Diamo insieme uno sguardo ai giornali esteri che meglio affrontano il grande tema della nostra epoca. Cominciando da uno straordinario speciale del New York Times sulla acqua e sulla crisi idrica negli Stati Uniti.

The New York Times : La crisi dell’acqua

Quanta acqua serve per una porzione di patatine fritte, e quanta per produrre i milioni di patate lunghe, starnardizzate e perfette necessarie ai milioni o miliardi di French fries consumate ogni giorno negli Stati Uniti d’America? Qui trovate la risposta, e chissà che un esempio concreto, di vita quotidiana, non serva a far capire a tutti quanto profonda è la crisi dell’acqua. “Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”, cantava Fabrizio De André. È precisamente così anche per nostra sorella acqua. Sprecata, consumata all’eccesso, e ora sull’orlo di una drammatica carenza.

La sezione Climate and Environment del New York Times è, giustamente, all’interno delle pagine di scienza. Combina i dati appunto scientifici e una straordinaria capacità di trasmetterli all’interno di un racconto coerente e rigoroso. Difficile che vi troviate, mascherati da giornalismo, i comunicati stampa di aziende dedite al greenwashing, come accade altrove. Piuttosto, vere inchieste, centinaia di interviste e straordinarie infografiche. Che documentano l’inesorabile calo delle falde, pozzo dopo pozzo, grazie a stazioni di rilevamento, droni, e le competenze scientifiche necessarie a interpretare i dati: quella pubblicata dal New York Times è la prima visione d’insieme della crisi dell’acqua negli USA.

La storia delle patatine fritte è anche la storia di una singola mega-azienda agricola che per produrre tuberi adatti alla surgelazione industriale, consuma – da sola – un terzo dell’acqua di falda del Minnesota. E adesso lo “Stato dei diecimila laghi” è in crisi idrica. Le ville di Long Island rimarranno presto senza acqua potabile, molti pozzi stanno per esaurirsi dallo Utah al Colorado, dal Texas alla California. Eccetera, purtroppo.

A proposito di clima, parliamo sempre di suolo e di aria, ma lawater crisis raccontata dal New York Times è almeno altrettanto cruciale. Veloce e inesorabile come tutto ciò che delinea l’Antropocene. La crisi che scorre sotto i nostri piedi e che rischia di disseccare i nostri rubinetti, riunisce elementi sociali, economici, psicologici che ben conosciamo. Il consumo spensierato nelle città. Un’agricoltura che drena risorse non ricostituibili coltivando cotone, soya, mais e altre piante che richiedono moltissima acqua. Il ricorso a tecnologie non mediate da una visione politica del bene comune (per esempio l’uso degli irrigatori “come se non ci fosse un domani”, come dicono alcuni agricoltori intervistati: “non sapevamo che l’acqua sarebbe finita”). E poi una burocrazia scema, la mancanza di regole uguali per tutti, qualche amministratore illuminato ma una politica complessivamente inerme nei confronti delle grandi sfide globali. 

Soprattutto: il tempo degli umani sembra incompatibile con quello della Terra, pochi anni per consumare ciò che ha richiesto – e richiederà – eoni per riformarsi. 

In Gran Bretagna, tutti (tutti!) i corsi d’acqua sono inquinati oltre i limiti consentiti dalle leggi. I giornali rilanciano la petizione degli attivisti di River Action per sollecitare il governo a trovare una soluzione. 

Sempre in UK, il Times apre il dibattito sulla richiesta – disattesa – di trasformare in aree protette entro il 2030 il 30% delle terre e delle acque. 

Dal Guardian: centinaia di docenti chiedono che le mense universitarie servano pasti 100% vegetali, senza carni, come misura per contrastare il riscaldamento globale. 

L’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) pubblica un interessante rapporto sulla diffusione delle specie aliene, che minacciano ambiente, salute, economie. 

E Bloomberg avverte: i leader mondiali si riuniranno a Dehli per il G-20 durante il settembre più caldo dal 1938. E dai record negativi di questa caldissima estate per ora è tutto.

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