ILARIA CAPUA E LA SALUTE CIRCOLARE

di Giovanna Zucconi 

Se non siamo sani, non siamo liberi. È per diffondere questa consapevolezza che la scienziata Ilaria Capua debutta con un reading teatrale e contemporaneamente con un libro.

Stesso titolo, identica passione civile nel fornire al pubblico più ampio gli strumenti necessari a capire e a cambiare. 

Dopo il trauma della pandemia, pessima (dis)informazione inclusa, parlare di salute circolare significa spiegare quanto tutto sia connesso, quanto tutti siamo connessi. 

Per affrontare le crisi in atto, dice Ilaria Capua in questa intervista, ciascuno può e deve fare la sua parte. Per la salute e dunque per la libertà delle persone e del pianeta.

“Se le persone avessero avuto contezza”.

C’è una bella passione, proprio passione civile e non soltanto professionale, che attraversa la nuova, duplice impresa di Ilaria Capua. Un libro e un reading teatrale, intitolati entrambi Le parole della salute circolare, entrambi al debutto in questi giorni. 

L’orizzonte entro il quale libro e reading si muovono è quello di una fiducia massima nella capacità delle persone diciamo comuni di capire e di agire, ribaltando tendenze, accelerando processi, smantellando inerzie. Purché sappiano. “Oggi siamo tutti più potenti, viviamo nella dimensione del cittadino empowered. I decisori devono preparare le infrastrutture, ma è la gente che deve fare le cose”. Libro e reading sono, a questo proposito, anche una reazione al trauma della pandemia, anzi al trauma nel trauma: quello che Capua chiama “il negazionismo istituzionale” (Trump, Boris Johnson) in pieno cataclisma sanitario. 

Se le persone avessero avuto contezza. “Ho preso un anno sabbatico per disintossicarmi dalla grande tensione della pandemia. Sapevo che sarebbe arrivata e sapevo che cosa bisognava fare, perciò vedere che le cose non giravano nella maniera giusta è stato usurante sia psicologicamente sia fisicamente. C’è stato molto smarrimento, le persone non avevano gli strumenti per comprendere quello che stava succedendo, venivano imboccate con teorie minimizzanti o complottistiche. Ma non era colpa loro”.

Un anno di pausa e riflessione, via dalla Florida, il ritorno in Italia, l’incarico alla John Hopkins University, e appunto il guizzo reattivo, generoso: libro e spettacolo. “Perché le nuove consapevolezze non possono rimanere murate dentro l’accademia, vanno invece spiegate e raccontate alle persone”. 

Considerare la pandemia un “fenomeno trasformazionale”, mutando appunto quella colossale energia negativa in energia di cambiamento. Ma la riflessione sulla salute circolare è precedente. “Già immaginavo di andare oltre il concetto di one health, sviluppato negli anni Sessanta. Tutto è interconnesso, le crisi (ambientale, sanitaria, idrica, demografica, economica) convergono: dunque l’approccio alla salute deve includere altre discipline, l’economia, la finanza, la comunicazione, l’ingegneria, i trasporti, l’equità sociale e di genere, tutto”. Salute circolare significa occuparsi dei segnali di squilibrio, con l’urgenza che la situazione impone (qui il rapporto di Lancet sulle minacce alla salute globale nel XXI secolo).  

Se ogni cosa è connessa e vicendevolmente mutevole, che sia tale anche il racconto che Capua, “persona informata dei fatti”, ha scelto di condividere in libreria e sul palcoscenico. Sperimentando, dice, una nuova forma ibrida di divulgazione. Il libro, “scritto in maniera leggera e divertente”, propone storie di grandi innovatori scientifici, tocca temi e curiosità legati ai quattro elementi, fornisce cifre cruciali: il 50% del Pil mondiale dipende alla natura, 1 milione di specie va verso l’estinzione, a metà secolo sono previsti 143 milioni di migranti climatici e la Nigeria avrà tanti abitanti quanti l’Europa, 140mila bambini muoiono ogni anno di morbillo, la pandemia è costata 16,5 trilioni di euro, eccetera. Lo spettacolo porta al pubblico, accanto alle spiegazioni scientifiche di Ilaria Capua, l’energia comunicativa di attrici e attori: per “arrivare alle persone, a tutte le persone, perché anche il più insignificante dei gesti individuali può contribuire a riequilibrare il sistema”. Perché non si possa più dire: non sapevamo. Perché non si possa più dire: dovevamo pensarci prima. Perché i giovani attuali e venturi non ereditino un mondo impoverito, intossicato, in tutti i sensi malato

La salute circolare come contagio di consapevolezza, e come patto generazionale. “Il cambiamento è possibile, non avverrà in pochi mesi ma può e anzi deve avvenire. Non dobbiamo più accorgerci della salute solo quando la perdiamo. Perché se non siamo in salute, non siamo liberi”. 

Salute – tutte le varie forme interconnesse di salute – come libertà. 

 

Le parole della salute circolare con Ilaria Capua sarà in scena il 27 aprile a Perugia (con Antonella Attili); il 2 maggio a Bologna (con Lodo Guenzi); il 3 maggio a Firenze (con Francesca Reggiani); il 3 giugno a Pieve Santo Stefano (con Antonella Attili).

Qui tutte le informazioni.

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