Al Salone Internazionale del Libro di Torino, uno spazio naturale con con veri alberi, piante e arbusti ospiterà incontri dedicati ai temi della sostenibilità, del cambiamento climatico, della biodiversità. Perché oltre alla pandemia e alla guerra, questi temi cruciali minano il futuro di tutti noi. Come ritrovare l’armonia fra noi e il creato? Per Nicola Lagioia, che del Salone del Libro è il direttore, lavorare sul cambiamento climatico significa innanzitutto lavorare su una nuova idea di essere umano.

Il Bosco degli Scrittori è uno dei più bei progetti di cui sarà possibile imbattersi quest’anno al Salone Internazionale del Libro di Torino. Realizzato grazie ad Aboca, si tratta di uno spazio naturale con con veri alberi, piante, arbusti, che verrà allestito nel cuore del Lingotto e ospiterà incontri dedicati ai temi della sostenibilità, del cambiamento climatico, della biodiversità. Non si tratta semplicemente di problemi culturali degni di attenzione quanto del più importante tema politico, filosofico, scientifico, persino spirituale con cui avremo a che fare nei prossimi decenni.
Viviamo un periodo storico funestato da tre grandi cigni neri, ma uno dei tre è più grosso degli altri. Abbiamo dovuto gestire (per molti versi ci abbiamo ancora molto a che fare) una pandemia che ha stravolto le nostre abitudini quotidiane, e adesso abbiamo alle porte d’Europa una guerra terribile che sta cambiando gli equilibri globali ma soprattutto sta distruggendo, giorno dopo giorno, ogni nostra legittima aspirazione sul livello di civiltà raggiunto dalla specie umana nel XXI secolo. Si tratta di momenti di discontinuità dai risvolti tragici, eppure i cambiamenti portati dalla pandemia e dalla guerra potrebbero rivelarsi su scala globale inferiori a quelli causati dal fenomeno più controintuitivo di tutti: il cambiamento climatico.
Non che questi tre fenomeni non abbiano legami tra di loro. A leggere David Quammen, l’autore di Spillover, il libro che, con dieci anni di anticipo, aveva previsto quasi tutto sulla pandemia, si scopre che la scintilla che ha scatenato il falò del coronavirus sarebbe scoccata con tutta probabilità a causa della devastazione del territorio a opera dell’uomo: la distruzione delle risorse naturali porta gli animali selvatici a fuggire verso le città, nei pressi delle città ci sono gli allevamenti intensivi, ed è qui che sarebbe scattato il “salto di specie” responsabile della nascita del virus.

Per ciò che riguarda la guerra, è lecito domandarsi se la Russia avrebbe invaso l’Ucraina con la brutalità con cui l’ha fatto se il sistema di approvvigionamento energetico dei paesi occidentali fosse stata diverso. Ma al di là di questi legami presenti, è il futuro che dovrebbe allarmarci persino di più. Se il cambiamento climatico dovesse svilupparsi come ormai tutti gli scienziati seri ritengono che farà in assenza di un nostro cambiamento di rotta (il rapporto del Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU della scorsa estate dovrebbe aver tappato la bocca agli ultimi negazionisti) le conseguenze potrebbero essere catastrofiche. Nuove guerre, ingiustizia sociale moltiplicata, intere aree geografiche desertificate, l’idea di un futuro accettabile seriamente minacciata. Certo, per evitare tutto questo bisognerebbe cambiare radicalmente il nostro sistema di sviluppo. È vero anche, tuttavia, che il nostro sistema si sviluppo si fonda su una precisa idea di uomo, nata nel Rinascimento, sviluppatasi nella modernità, ma bisognosa adesso come minimo di una revisione.
Lavorare sul cambiamento climatico significa lavorare innanzitutto, dunque, su una nuova idea di uomo. La modernità ha reso centrale come non mai l’essere umano, riconoscendo a ogni singolo diritti che in passato erano negati alla maggioranza delle persone. Al tempo stesso questa nuova centralità ha esasperato l’individualismo, rischiato di chiudere ciascuno di noi nella propria angusta prigione dell’ego, e soprattutto ha creato una separazione tra uomo e natura sempre più clamorosamente sbagliata, oltre che pericolosa. Come ritrovare l’armonia tra noi e il creato? Come riconoscerci parte di un grandioso sistema che comprende anche gli altri esseri viventi, e le piante, e gli elementi che governano la nostra presenza sul pianeta? Siamo il frutto di una continua interdipendenza. Quando ce ne renderemo conto? È, questa, una delle più importanti avventure esistenziali che la nostra specie si trova a dover affrontare. L’augurio è che gli spazi di discussione e di confronto su questi temi si moltiplichino sempre di più. Se ne parlerà intanto nel Bosco degli Scrittori. Vi aspettiamo al Salone.